26.02.2020

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Il Jiu Jitsu ai tempi del Coronavirus

Amuchina finita, supermercati svuotati e niente Jiu Jitsu. Potrebbe essere peggio. E come? Potrebbe piovere.

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Sberla Marco Mencarelli

Sono momenti difficili per il Nord Italia. Il Coronavirus si diffonde a macchia d’olio e blocca l’intera parte settentrionale del paese. Lo sport è paralizzato: annullate partite di calcio, eventi di boxe, gare di nuoto. Il Jiu Jitsu, ovviamente, non è esente dall’ordinanza: gare annullate e rinviate, seminari saltati, associazioni sportive dilettantistiche e palestre chiuse fino a data da destinarsi in molte regioni.

E noi appassionati, purtroppo, restiamo senza un bavero a cui aggrapparci. Non tutti però.

Nei meandri dei Social si trova un po’ di tutto. C’è chi drilla su un piccolo angolo di materassina nel proprio scantinato o sulla propria terrazza, chi fa round di sparring clandestinamente nella propria palestra con le saracinesche chiuse.

Parola d’ordine? “Porrada”. Ok, allora puoi entrare.
Atmosfera da proibizionismo americano degli anni ‘20.

Ci sono poi quelli che si rassegnano e rispettano le imposizioni delle autorità: qualcuno si ammazza di video didattici, qualcuno scrive articoli (ehm) e qualcuno si dispera perchè il suo kimono nuovo di zecca in arrivo dagli Stati Uniti non potrà essere consegnato.

Al virus sopravviveremo, ma riusciremo a non impazzire in questa psicosi generale senza la nostra amatissima Arte Suave? La nostra terapia, la nostra medicina, il nostro mondo ideale.

“It’s not how good your Jiu Jitsu is, it’s how good Jiu Jitsu is for you”.
– Caio Terra


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